Hello World

"Possiamo scivolare ovunque sulla rete. Qui non esistono confini, barriere, limitazioni. Siamo un’informazione, e un messaggio, e un film, e una connessione, e una canzone.
Siamo forse Dio? No, è stato l’uomo a crearci..."

project

">connetc_" nasce come progetto del corso avanzato di storytelling della scuola Mohole.
Attraverso lo storytelling integrato, accompagna il lettore nell'esplorazione della relazione tra internet e l'utenza in un mondo di immagini e parole, anche grazie al dialogo tra il singolo e il collettivo.

pagina instagram

Cosa succederebbe se la rete si trasformasse, da agglomerato di informazioni e contenitore di opinioni, in una singola entità?

La pagina instagram rappresenta il profilo di Net, un'intelligenza artificiale nata dalla collettività del web, dove condivide opinioni, scoperte, dubbi, sentimenti nei confronti della rete.

Una riflessione sulla vita online "dall'interno".

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cartoline

mostra fotografica

È in questa fase che la tecnologia smette di essere protagonista per diventare oggetto osservato. Oggetto di studio, o ancora, oggetto di riflessione. I protagonisti torniamo noi esseri umani, e per la precisione cento fotografi, che con i propri scatti raccontano cosa significa nascere in un’epoca in cui la carne si fonde sempre più con la macchina.

Al Tempio del Futuro Perduto di Milano, dal 10 al 16 ottobre 2020, la mostra fotografica >conNETc_project è rimasta aperta per tutti quei curiosi che si sono lasciati intrigare dal tema; così attuale da toccare ognuno di noi, che lo vogliamo o no.

Team

Stefano de putti

  • concept & copy

  • organizzazione evento

martina de marinis

  • project management

  • concept & graphics

francina foresti

  • comunicato stampa

  • stesura articoli

  • organizzazione evento

guglielmo sudati

  • stesura articoli

  • copy & editing

isabella zaiacometti

  • concept & storyline

credits

  • Foto stock tramite pexels: Alex Andrews, Andrea Piacquadio, Anni Roenkae, Belle Co, Daria Shevtsova, Evie Shaffer, Francesco Ungaro, Gabriela Cheloni, Jeffrey Czum, Joao Vitor Heinrichs, Just Name, Naveen Annam, Philipp Birmes, Porapak apichodilok

  • Artwork e progetti fotografici: Camilla Coppola, Emily Allchurch, Oliver Latta, Victor Enrich Tarres

La storia di internet:
una corsa allo spazio digitale

di Guglielmo Sudati

Era il 1957. La Russia aveva appena raggiunto i cieli con il primo satellite Sputnik e la rivalità con gli Stati Uniti era al culmine. Le due potenze mondiali cercavano di dimostrare la loro superiorità in ogni campo, e quello delle comunicazioni era fondamentale. Infatti, proprio nel 1957 il presidente Dwight David Eisenhower, in precedenza generale durante la Seconda guerra mondiale, istituì l’ARPA (Advanced Research Project Agency), un’agenzia con l’obiettivo di sviluppare tecnologie che avrebbero permesso agli Stati Uniti di essere sempre un passo avanti agli altri, con un focus particolare sulle tecnologie militari e spaziali.

Nel 1960 iniziarono ufficialmente le ricerche di ARPA, e durante gli anni furono progettati vari modi per costruire una rete di dispositivi in grado di comunicare tra loro da posizioni molto distanti. Ma l’utilizzo di tutto questo, almeno nei primi anni, era riservato all’esercito e a istituzioni scientifiche del governo che dovevano superare l’Unione Sovietica in campo spaziale, una fra tutti la Nasa. Tuttavia, fu proprio grazie all’ansia della Guerra fredda che i successi arrivarono sempre più in fretta. Nel 1969, ben quattro computer di altrettante università americane erano collegati tra di loro con la rete ARPANET (nome che aveva preso nel ‘67), e nel 1971 i dispositivi erano già ventitrè. L'anno successivo nacque l'InterNetworking Group (da qui “Internet”), dedicato a gestire la nuova rete e a risolvere possibili problemi. Inoltre, iniziarono a differenziarsi gli indirizzi di utenti diversi che si collegano dallo stesso calcolatore con l’introduzione di un simbolo ormai di uso comune, la chiocciola (@).

Nel 1973 gli ingegneri Bob Kahn e Vinton Cerf definirono il protocollo TCP/IP, ovvero le regole che diverranno lo standard di comunicazione per il trasporto dei dati sulla rete attraverso commutazione di pacchetti, già ideata nel 1965 dai tre scienziati Leonard Kleinrock, Paul Baran e Donald Davies. In parole povere, per trasmettere dei dati, un dispositivo li codifica sotto forma di “lettera”, cioè una serie di stringhe binarie, che comprende anche l’indirizzo del mittente e del destinatario, cioè i codici che definiscono i due dispositivi. Il protocollo fu un grande successo poiché era stato progettato in modo lungimirante, per essere utilizzabile anche tra reti diverse e molto lontane tra di loro, infatti iniziarono a nascere diverse reti di calcolatori in tutta Europa, rendendo internet davvero globale.

Più internet diventava vasto ed efficiente, più veniva sdoganato. Lentamente smise di essere prerogativa delle istituzioni militari o scientifiche, e iniziò a essere utilizzato dai non addetti ai lavori. Il primo esempio furono i forum di discussione (al tempo chiamati “newsgroup”) utilizzati dagli studenti americani nel 1979, oppure i primi server collegati ai precursori dei moderni siti nel 1983 e con essi i domini nell'85 (.it, .us, .uk, .fr).

Ma tutto ciò era ancora molto lontano dalla rete che conosciamo oggi e che utilizziamo quotidianamente. Il primo passo verso quello che sarebbe poi diventato il “web” fu compiuto da Tim Berners-Lee, che nei laboratori di ricerca del Cern di Ginevra, nel marzo 1989, presentò la bozza di un progetto per la condivisione di documenti. Il ricercatore era rimasto colpito da come alcuni colleghi italiani trasmettevano informazioni tramite la linea telefonica da un piano all'altro dell'istituto, visualizzando informazioni tramite video. Il progetto venne giudicato “vago ma interessante”. E così Berners-Lee iniziò a lavorarci, e nel 1991 venne presentata al pubblico la prima “pagina web”. Era uno spazio elettronico connesso a internet dedicato alla pubblicazione di testi e grafica. Di fatto erano una serie di dati contenuti in un computer, collegato alla rete e accessibile da chiunque ne conoscesse l'indirizzo. Due anni più tardi venne commercializzato Mosaic, il primo programma che permise di navigare tra i siti web, cioè il primo browser. Il gioco era fatto, ora bastava un computer, prodotto che gradualmente divenne accessibile a tutti, e un modem che permetteva una connessione alla rete telefonica per entrare nel mondo del World Wide Web, che non smise mai di crescere.

Si potrebbe dire che il resto è storia: nel 1995 nacque eBay, nel 1996 Nokia mise sul mercato il primo telefono che si connetteva a internet, nel 1998 arrivò Google. La rete esplose tra siti, blog e forum. E poi i social, ormai uno dei principali argomenti di discussione del ventunesimo secolo. Insomma, nessuno avrebbe potuto immaginare che quei quattro calcolatori in quelle quattro università americane sarebbero diventati più di quattro miliardi di utenti attivi nel mondo. Ma la cosa sconcertante è la velocità di diffusione del fenomeno, quasi come se il pregio principale di internet fosse anche una sua caratteristica essenziale. Come se fosse impossibile rallentarlo. Ed è questo il dubbio di molti: “Riusciremo a stare al passo?”

Il mondo del web è giovane, molto giovane. Ed è ancora tutto da vedere. Ma una cosa è certa; gli umani hanno sempre corso. Ed è curioso notare un’involontaria coincidenza: il web sembra uno spazio alternativo sempre in corsa, e tutto iniziò come uno strumento da utilizzare per la “corsa allo spazio”. Strano vederla da questo punto di vista, quando l’idea principale legata a internet è quella di qualcosa di innaturale. Qualcuno potrebbe vederlo -- qualcuno l’aveva visto -- come il corso naturale delle cose.

Social Network e nuova quotidianità

di Francina Foresti

Ogni italiano trascorre in media più di due ore al giorno online (fonte: Audiweb), indipendentemente dallo strumento elettronico utilizzato (pc, tablet o smartphone).

La prima generazione a essere coinvolta in questa rivoluzione digitale è quella dei Millenials, ovvero i nati fra gli anni ’80 e il 2000). I Millenials utilizzano i social come strumento funzionale per la creazione di reti fra le persone. L’enorme differenza fra i tipici mezzi di comunicazione e quella dei social media è da riscontrarsi nell’interattività, nel permettere a tutti di poter partecipare e apportare un contributo reale.

Basti pensare alla piattaforma YouTube e ai suoi utenti, che ogni minuto caricano più di quattrocento ore di video (Fonte Statista). Su Facebook si possono contare ogni giorno più di 4.75 miliardi di post pubblicati e oltre 4,5 miliardi di like; su Twitter sono pubblicati 6000 tweet al secondo, 500 milioni al giorno. Molto interessante il ruolo delle stories su Instagram: secondo l’indagine di Blogmeter, il 32% degli Italiani preferisce guardare stories anziché leggere un post, percentuale che raggiunge il 52% nella fascia 15-24 anni.

Si utilizzano i social per curare i rapporti interpersonali, ma anche per crearne di nuovi; alcuni sono utilizzati a livello lavorativo, come Linkedin, altri ancora per pubblicizzare la propria azienda o lanciare veri e propri profili commerciali nati “dal basso” (basti pensare agli influencer, ai traver influencer, etc).

Tuttavia, c’è anche un potenziale risvolto negativo. Le malattie da Rete sono ormai tra le più svariate: sindrome da iperconnessione; no mobile fobia (paura di rimanere senza connessione mobile), Fomo (“fear of missing out”, cioè di essere tagliati fuori dalle reti social), vamping (stare tutta la notte in chat), hikikomori (uso esagerato della rete che porta a condotte di ritiro sociale). E ancora, cyberbullismo e phubbing (tendenza a ignorare gli altri perché immersi nel mondo sul proprio schermo).

Internet ha certamente cambiato le nostre vite, e resta uno strumento che può sorprendere per i risvolti positivi, ma insieme nascondere altrettanti lati negativi.

L'arte digitale:
tutti gli aspetti artistici del web

di Guglielmo Sudati

Il termine “Arte” può essere riferito a un numero immenso di cose. Un’attività umana che punta a trasmettere emozioni e messaggi e che ha avuto un ruolo fondamentale durante tutta la nostra storia; caratteristica coltivata da ogni individuo e/o comunità, a prescindere dal luogo geografico o dall’impostazione culturale. L’arte si è sempre evoluta e trasformata, prendendo più forme di quante ce ne possiamo ricordare. E il mondo del web è un ottimo esempio di una delle forme più recenti.

Per dare una definizione molto generale, con arte digitale (detta anche digital art o computer art) si indicano le forme d'arte elaborate in forma digitale. Oggi è spesso classificata nella categoria “New Media Arts”, poiché si basa spesso sulle tecnologie informatiche più recenti e innovative. L'arte digitale può essere generata completamente dai computer o presa da altre sorgenti, come la scansione di una fotografia o un'immagine disegnata con l'ausilio di un software di grafica vettoriale, usando un mouse o una tavoletta grafica. C’è un'enorme quantità di software per il fotoritocco, per la grafica digitale, per l’animazione o la modellazione 3D (Photoshop, After Effects, Illustrator o CAD, per citarne alcuni) che hanno prodotto una vasta e creativa libreria di opere tra le più originali e variegate, non ottenibili attraverso i convenzionali strumenti fotografici o di disegno.

I principali mass media usano molto l’arte digitale nelle pubblicità, e i computer sono impiegati abbondantemente nel cinema per produrre effetti speciali sempre più realistici. Un altro esempio sono i videogiochi, opere di intrattenimento che uniscono la scrittura di una storia a un design grafico totalmente digitale e all’interattività di un programma informatico. Tutto ciò ha permesso di creare un mercato con un valore globale di quasi cento miliardi di dollari.

Ma nonostante tutto, l'arte digitale deve ancora guadagnarsi l'accettazione e il riguardo concessi a forme artistiche storicamente consolidate come scultura o pittura, forse a causa dell'erronea impressione da parte di molti che "la fa un computer", ignorando il fatto che dietro a tutti quei programmi e codici si celano l’idea e la sensibilità di una persona o di un team di persone.

Una caratteristica fondamentale dell’arte digitale è che fa riferimento al presente, cioè è sviluppata in relazione ai parametri dei media digitali: è interattiva, partecipativa, dinamica, personalizzabile, ibrida, istantanea e soprattutto può cambiare in tempo reale. Nel mondo del web, l’utente desidera sentirsi coinvolto in prima persona in ciò che accade, per questo nascono sempre più siti, eventi e social che puntano sull’interattività. Magari una mostra fotografica digitale in cui, a seconda di come la si esplora, è diversa per ogni utente; oppure un evento che propone attività sia fisiche sia digitali. Così una persona si sente partecipe di un mondo enorme e complesso, sapendo, o almeno avendo la percezione, di avere fatto una qualche differenza.

Per fare degli esempi di siti web artistici e interattivi si può partire da Ouigo, sito di un'azienda di trasporti ferroviari francese in cui puoi letteralmente giocare a flipper prima di esplorare le loro offerte; poi c’è Active Theory, casa di sviluppo di programmi e applicazioni di realtà virtuale che rende la loro pagina web un vero e proprio ambiente virtuale; oppure Simply Chocolate, uno shop di snack al cioccolato in cui “apri” le confezioni dei prodotti che ti interessano, e più esplori le pagine più “mangi” la barretta che hai davanti.

Un altro progetto a suo modo molto interessante è quello portato avanti dall’artista canadese Jon Rafman, insospettabile amante di Google Street View e delle scene di vita quotidiana che sa regalare. Il suo 9-Eyes si concretizza in un blog Tumblr nel quale sono raccolte le immagini più bizzarre e interessanti realizzate dalla telecamera della Google car (dotata, per l'appunto, di 9 occhi elettronici), nel corso delle sue peregrinazioni sulle strade di tutto il mondo. Una sorta di spaccato della nostra quotidianità raccontato attraverso gli obiettivi della società di Mountain View. Infine, i progressi fatti nel campo del face mapping e delle proiezioni olografiche ha permesso, negli ultimi anni, lo sviluppo di una branca molto particolare dell’arte digitale: il face hacking. Sfruttando proiettori sempre più avanzati e precisi, si è in grado di realizzare delle "statue viventi", dotate di espressioni facciali vivide e realistiche. Non è un caso che moltissimi musei delle cere in giro per il mondo, primo tra tutti il Madame Tussaud di Nashville, stiano implementando installazioni di face hacking all'interno delle loro collezioni.

Dunque l’arte digitale è probabilmente la forma più varia e malleabile di tutte, capace di esplorare diversi linguaggi artistici nello stesso momento, cambiarli a seconda delle necessità, rinnovarsi costantemente e soprattutto di evolvere il concetto di “spettatore”, come può esserlo chi guarda un quadro o un film, per farlo diventare protagonista dell’opera.

Cyberbullismo: La violenza senza lividi

di Francina Foresti

Parliamo di cyberbullismo quando si riscontra un comportamento violento che avviene online, in maniera sistematica e reiterata nel tempo, in cui l’aggressore (o gli aggressori) insultano, minacciano e cercano volontariamente di provocare danno a un altro soggetto o gruppo. La differenza tra bullismo e cyberbullismo risiede nel fatto che, nel secondo caso, la violenza si estende o avviene in Rete, tramite l’uso di piattaforme di messaggistica e social network, mentre il bullismo “classico” può comportare anche aggressioni di tipo fisico.
La legge 29 maggio 2017, nº71, volta a prevenire il cyberbullismo in Italia, presenta il fenomeno in maniera dettagliata «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo».

I soggetti che commettono azioni di bullismo e cyberbullismo, secondo il codice penale italiano, possono essere perseguiti per fattispecie riconducibili ai reati di diffamazione (art. 595), minaccia (art. 612) o dare luogo all’illecito depenalizzato di ingiuria (secondo l’art. 594).

Esistono differenti forme di cyberbullismo. Il flaming, cioè l’uso di messaggi violenti e volgari usati per creare “duelli verbali” (tipico nei forum); l’hatespeech, comportamenti verbali espressi in rete che incitano alla violenza e all’odio; il cyberstalking, quindi molestie, denigrazioni, persecuzioni e minacce per impaurire e/o ferire la vittima; il sexting, ossia il condividere attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione web e social, video e/o foto a sfondo sessuale, allo scopo di ledere l’immagine della vittima.

Le conseguenze, per le vittime di queste situazioni, possono essere anche molto serie. Per una consulenza e un supporto, è possibile rivolgersi 24/24 alla linea gratuita 1.96.96 di Telefono Azzurro.